Tutti pensiamo di sapere cosa voglia significare paura. Spesso sento etichettare, anche da non addetti ai lavori, che quel cane è pauroso, fobico ecc..
Ma realmente sappiamo distinguere la differenza tra paura e fobia?

Facciamo una piccola premessa, facendoci accompagnare da uno che di emozioni ne sapeva tanto, Jaak Panksepp. Quando iniziai a leggere uno dei suoi primi lavori nel 2016, rimasi colpito da questo pioniere che a spada tratta asseriva quanto i mammiferi abbiano delle forti similitudini emozionali tra loro, che si parlasse di umani o di cani o di topi. Infatti per lui l’influenza del comportamentismo e del cognitivismo ha ritardato fino ai giorni nostri uno studio scientifico e sistematico nelle neuroscienze delle emozioni.

Quindi Panksepp pensò bene di raggrupparle in sette sistemi emotivi, tra cui appunto la paura.
Si può riconoscere da alcuni comportamenti ben definiti, come tensione o rigidità del corpo, spesso accompagnata da immobilità tremolante; in alcuni casi assisteremo proprio alla fuga o abbaio a distanza indietreggiando.
Rumori forti e improvvisi e dolore procurano forte paura, inibendo le abilità sociali del soggetto in questione.
A volte è percepita anche da un semplice odore, che può ricondurre a qualcosa di spiacevole per il cane, altre può diventare ipersensibile se esposti per troppo tempo o in maniera intensa allo stimolo negativo.

Semplificando molto il concetto, la paura ci allontana da ciò che per noi è reputato pericoloso, mentre quando tocchiamo il concetto di fobia, il timore istintivo diventa anche irrazionale, incontrollabile e radicato. Infatti come è stato dimostrato da alcuni studi dell’università di New York dal neuropsicologo Joseph LeDoux e dal docente di psichiatria e scienze del comportamento Stefano Pallanti dell’università di Stanford in California, quando in un individuo si scatena una fobia, significa che la sua amigdala, una regione del lobo temporale, diventa iperattiva, producendo risposte esagerate allo stimolo. Esiste una predisposizione genetica ma le fobie si possono imparare in periodi sensibili del soggetto e l’apprendimento di un timore può avvenire anche per osservazione di un referente (per esempio la mamma).

Paure e fobie possono influenzare il benessere quotidiano, considerando gli alti livelli di stress con cui si convive, compromettendo quindi a lungo andare la salute dell’individuo.
Si può essere timidi ma non per forza manifestare ansie sociali.

Ammettere di aver bisogno di aiuto nel caso di un cane pauroso o fobico è il primo passo da fare.
Il trattamento con maggiori prove di efficacia clinica è comunque la terapia cognitivo-comportamentale!
Difatti essa insegna a gestire pensieri e azioni quando ci si trova davanti a ciò che ci atterrisce.
Bisogna desensibilizzare, distrarre, cercare in qualche modo di far slittare le emozioni negative in positive ed insegnare a gestire l’ansia se occorre.

Non c’è un farmaco che spenge la paura ma esistono strategie atte a far ragionare l’individuo a modificare il comportamento.
Avete mai provato a premiare un cane con del cibo in piena crisi di paura o fobica?
Ansima, sbava, trema e tiene la bocca serrata. Bisogna lavorare sull’origine del problema, iniziare a scalfire le sue fobie attraverso le emozioni e nelle peggiori delle ipotesi, noi familiari accettare i limiti e conviverci tranquillamente.
Sicuramente avere accanto un referente equilibrato, sicuro e meno ansioso lo aiuterà di certo!