Il tempo che trascorriamo col nostro amico a quattro zampe è sempre così breve rispetto a tutta la vita che abbiamo davanti. Lo accogliamo quando è appena un cucciolo, condividiamo con lui i momenti più belli e importanti della sua crescita e lo accompagniamo fino alla fine del suo percorso, quando le corse e i giochi all’aria aperta cedono il posto a brevi e lente passeggiate e a qualche riposino in più. Il ciclo della vita riguarda anche loro e purtroppo, o per fortuna, riusciamo a viverlo dall’inizio alla fine, trovandoci delle volte a dover prendere decisioni difficili che possano risparmiare loro terribili sofferenze.

In ogni tempo e in tutte le civiltà, congedarsi da chi si ama, è sicuramente l’impresa più difficile che si debba affrontare.

Oggi incontriamo maggiore difficoltà che in passato a parlare di morte, sembra che la nostra società la consideri un tabù, il dolore è sempre più privato e la sofferenza non si condivide, spesso ce ne vergogniamo o, se riusciamo ad esprimerla, lo facciamo tramite i social, ricevendo un supporto solo virtuale che non fornisce alcun sollievo se non momentaneo. Inoltre la morte non è più un fatto naturale da iscrivere nel ciclo della vita, ma è percepita come una vera e propria sconfitta. I progressi della scienza e della medicina hanno come principale scopo quello di allungare la vita il più possibile e ci danno una percezione distorta di quello che può essere la nostra aspettativa, quasi fosse proiettata verso l’eternità. È proprio per questa nostra congenita immaturità verso il dolore che non riusciamo a guardare in faccia la sofferenza del nostro animale e magari preferiamo che, una volta che non è più un vigoroso cucciolo e che si allontana dal modello patinato dei social o dei concorsi, da nostro compagno di viaggio diventi un caso clinico, lasciandolo solo nelle mani degli specialisti e poi in quelle del business del commiato, oggi sempre più prospero anche nella gestione dei nostri animali.

Certo non è facile entrare nell’intimità di ogni persona e nel rapporto che ognuno di noi ha con il proprio amico a quattro zampe, ed è quindi sempre bene non dare giudizi affrettati, ma è altrettanto vero che è giusto riflettere su come viviamo il dolore della perdita o come accompagnarlo alla fine di questa vita.

Separarci da chi sentiamo come parte integrante della nostra famiglia e della nostra vita ha bisogno di tempo ed è giusto che questo tempo ci sia concesso per collocare l’esperienza condivisa con il nostro compagno di viaggio nella trama dei nostri ricordi, magari accompagnata dall’arrivo di un altro cucciolo o dall’esperienza di servizio presso strutture che ne accolgono di abbandonati, se la ferita ancora sanguina.

Quello che conta è non rimuovere ma accogliere questa esperienza come si fa con ogni lutto di chi ci è prossimo, senza vergogna o timore di apparire insensibili verso i mali ben più grandi che affliggono il nostro mondo e le nostre esistenze.

Amare i nostri cani non è una colpa e se li abbiamo avuti vicino per un pezzo di strada sono a tutti gli effetti compagni di cammino ai quali facciamo fatica a dire addio.

Si ringrazia la dott.ssa Simona Liberto per la collaborazione nell’articolo

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